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Troppe armi, i conti non tornano

Troppe armi, i conti non tornano

CIVITAVECCHIA – Concessi i domiciliari all’ultimo uomo arrestato nel corso dell’operazione Nerone, che ha permesso ai Carabinieri e alla Polizia di sgominare una vera e propria banda dedita allo spaccio di droga. Si è avvalso della facoltà di non rispondere N.B., il ragazzo che mancava all’appello, catturato al suo ritorno dagli Emirati Arabi, dove si trovava per festeggiare un compleanno. Al suo ritorno la Polizia lo ha bloccato e condotto in carcere, dove erano già reclusi gli altri componenti del gruppo. Ieri l’interrogatorio di garanzia, con il giudice che ha accolto le richieste della difesa, concedendo al giovane una misura più lieve. «Abbiamo rappresentato il solido nucleo famigliare – ha dichiarato l’avvocato Federico Sciullo – la sua posizione sociale e soprattutto che appena è venuto a conoscenza che era stato convocato ha subito anticipato il suo rientro da Dubai, dove si trovava con la famiglia». «Abbiamo dimostrato l’assoluta affidabilità del giovane indagato – ha proseguito il penalista - e soprattutto il fatto che abbia anticipato il rientro in Italia per affrontare la vicenda». Gli investigatori non hanno concluso il loro lavoro, rimangono in piedi una serie di aspetti tutti da chiarire. A cominciare dalle auto incendiate poche ore dopo l’operazione antidroga. Un copione che si ripete, un po’ come lo scorso gennaio, quando in via XVI Settembre, a pochi passi dalla caserma dei Carabinieri, presero misteriosamente fuoco alcuni veicoli in sosta. Episodio che combaciò con i primissimi arresti, ben tre, che hanno dato il via all’operazione Nerone. Che legame è possibile stabilire tra l’incendio di auto in via Neghelli e i recenti arresti per droga? La Polizia ci sta lavorando, ascoltando persone e valutando ogni aspetto legato alla vicenda. Rimane poi il discorso delle armi da fuoco, tante armi, sequestrate sia nel primo che nel secondo blitz. Fucili e pistole, con relativo munizionamento, avrebbero potuto creare non pochi problemi. E non è detto che non vi sia un arsenale non ancora scoperto nelle disponibilità di spacciatori rimasti sconosciuti o quasi alle forze dell’ordine. A cosa servivano quelle armi? Un mercato parallelo a quello della droga, oppure attrezzi del mestiere per intimidire chi non paga, chi canta o eventuali bande rivali? I conti non tornano, anche perché per intimidire il singolo debitore basta una piccola pistola, facilmente occultabile e di sicuro meno ingombrante in caso di controlli o maxi operazioni come quelle dei giorni scorsi. Inoltre, non risultano in passato spedizioni punitive per fatti di droga, con l’utilizzo di armi da fuoco. E allora l’interrogativo rimane in piedi: a cosa serviva quell’arsenale? Gli investigatori dell’Arma e quelli del commissariato ci stanno lavorando, cercando inoltre di dare una spiegazione alla misteriosa scritta comparsa tra la Mediana e la Braccianese Claudia e subito rimossa, con la quale qualcuno dava della spia a un personaggio che in un passato non lontano è stato un pezzo da novanta nel mondo dello spaccio civitavecchiese. Difficile ipotizzare che un gruppo di ventenni, per quanto ben organizzato, possa aver avuto la pretesa di competere con un colosso del narcotraffico, seppure in quiescenza.

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