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11 Ottobre 2025 - 18:08
CIVITAVECCHIA – Era il 13 ottobre del 1905, centoventi anni fa, quando fu annunciata la fine dei lavori per la chiusura della bocca “Sud” del porto, quella che in questi mesi sta per essere riaperta.
Domenica 15 ottobre si tenne a Civitavecchia una grande festa del lavoro organizzata da Michele Calderai, titolare della ditta che aveva realizzato i lavori nello scalo cittadino. Furono invitate le autorità civili e militari cittadine, i rappresentanti della stampa ed altre personalità cittadine.
Il banchetto con circa 150 commensali fu organizzato nel grande salone del Pirgo, addobbato per la circostanza con numerose bandiere e splendide composizioni floreali.
Come da tradizione, dopo l’arrosto iniziarono i numerosi discorsi, tutti assai applauditi. Parlò il sindaco, il commendatore Achille Montanucci, il capitano Biscaretti e il deputato del collegio, Enrico Galluppi, “il quale giustamente sfatò l’opinione di un uomo, già del governo, circa il porto di Civitavecchia: porto che, secondo lui, pure con ogni pignoramento, mai sarebbe stato alla capacità ed ai bisogni presenti”. Già a partire da Nino Bixio, il porto di Civitavecchia aveva avuto diversi detrattori che spingevano affinché il porto della capitale fosse trasferito altrove.
Fra gli oratori ci fu il padre domenicano Agostino Norcini nella sua qualità di direttore del nuovo giornale cittadino “Corriere della Maremma”. Il frate inneggiò all’Italia “con caldo patriottismo”. Concluse gli interventi, a nome dell’impresa costruttrice, Vittorio Calderai. Il sontuoso banchetto era stato allestito con gusto squisito da Scipione Matteuzzi, titolare del Bistrot della Stazione. A tutti gli operai dell’impresa furono concesse lire 3,50 per un pranzo fra di loro, “affinché la festa, che era del lavoro, fosse lieta per tutti”.
Sullo stesso numero del Messaggero del 18 ottobre 1905, Evaristo Spaccari pubblicò un lungo articolo in cui affrontava l’avvenire e i lavori necessari per la sistemazione definitiva del porto.
Dopo la chiusura della bocca a sud, gli altri essenziali ed urgenti lavori comprendevano: la trasformazione del molo del Bicchiere in ampio ponte sporgente da destinarsi ai traffici dei grandi piroscafi carbonieri, granai e metallurgici; utilizzazione della diga d’interclusione e del prolungamento sud dell’antemurale onde formare una vasta darsena destinata a rimpiazzare quella vecchia; costruzione di una stazione marittima con sufficienti binari colleganti le varie calate alla medesima ed allo scalo ferroviario e l’istallazione di moderni mezzi meccanici elettrici per lo scarico merci. Inoltre si auspicava come prossimi lavori: la costruzione di un grandioso pontile sporgente che doveva essere adibito ai servizi postali, ai traffici commerciali con la Sardegna; impianto dell’illuminazione elettrica.
Si chiedeva la sollecita costruzione di una diga frangiflutti, la quale partendo a 300 metri circa dalla spiaggia prospiciente al Camposanto, si sarebbe dovuta spingere verso mare in direzione di libeccio – mezzogiorno. Tale diga avrebbe dovuto garantire l’avamporto ed il porto dai venti di traversia e da quelli di ponente; i quali soffiano, alle volte, con un’impetuosità ed una velocità straordinaria, e dai possibili interrimenti, i quali, si erano manifestati per l’avvenuta chiusura della bocca di levante.
Ieri come oggi il porto è un eterno cantiere, 120 anni fa si chiudeva la bocca a sud, oggi la si riapre.
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