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Condannati i pezzi grossi della banda di Boyun arrestati nella Tuscia

Condannati i pezzi grossi della banda di Boyun arrestati nella Tuscia

Le prime condanne e le nuove contestazioni della procura di Istanbul. Tra le novità dell’inchiesta sulla mafia turca che ha portato all’arresto di Baris Boyun a maggio dello scorso anno, ci sono le condanne di due dei sodali fermati nella Tuscia e finiti in carcere con lui. Non semplici fiancheggiatori, ma personaggi di spicco dell’organizzazione a cui Boyun, una volta arrivato in Italia, si era affidato. Tra loro c’è Bayram Demir, di 33 anni, residente a Nepi, considerato un personaggio dall’alto profilo criminale “con incarichi di rilievo nel gruppo criminale, del quale evidentemente condivide gli obiettivi terroristici” come è scritto nell’ordinanza della procura di Milano del 2024 che ha portato al suo arresto insieme a quello del boss e degli altri sodali.

Demir sarebbe stato tra gli “addetti” al trasferimento e alla sostituzione in Italia di ingenti quantitativi di denaro derivante dalle attività illecite, in particolare dal traffico di droga, estorsioni e armi.

È stato condannato a 6 anni di reclusione, con lo sconto di un terzo della pena dell’abbreviato nel processo di Milano.

Nello stesso processo è stato condannato a 4 anni il viterbese Giorgio Meschini, l’unico italiano della retata, che avrebbe fornito supporto logistico all’associazione avendo come valore aggiunto la conoscenza della lingua (nelle sue relazioni con le forze dell’ordine) e del territorio (in relazione ai viaggi in cui ha partecipato, nel corso dei quali aiuta i corrieri turchi a orizzontarsi). Secondo gli investigatori Meschini avrebbe trasportato gli associati e li avrebbe assistiti negli spostamenti “necessari” e funzionali alle esigenze e scopi associativi sull’intero territorio nazionale.

Condannati anche Oguzan Duyku, Gultepe Tolga, arrestati anche loro nello stesso blitz, considerati pezzi grossi dell’organizzazione al pari di Demir. Duyku è stato condannato a 5 anni e 4 mesi, Tolga che sarebbe stato il responsabile del settore traffico di stupefacenti a 6 anni.

Nel corso di quell’operazione di maggio 2024 era emerso che Boyun, che si trovata a Bagnaia dopo essere sfuggito a un attentato a Crotone dove era ai domiciliari dopo l’arresto a Rimini nel 2022 in seguito a un mandato di cattura internazionale emesso dal governo turco, dalla Tuscia continuava a gestire l’organizzazione criminale . Da qui stava pianificando attentati in Turchia: in una fabbrica di alluminio, in un noto ristorante e una gioielleria di Istanbul. «Non sono emersi attentati programmati in Italia e nemmeno nei confronti delle nostre istituzioni» aveva chiarito il procuratore aggiunto di Milano Bruna Albertini, titolare dell’indagine. Secondo la stampa turca oltre alla fabbrica di metalli, Boyun avrebbe pianificato anche l’attentato alla casa di un boss “avversario” del clan Daltonlar, ma le prove raccolte dagli investigatori viterbesi hanno permesso alla polizia turca di intervenire preventivamente con grande blitz.

Le risultanze dell’inchiesta italiana si intrecciano con quelle della procura di Istanbul che contesta all’organizzazione di Boyun il reclutamento di nuove leve tramite i social.

Si parla di giovanissimi, tra cui anche minorenni, usati come “droni kamikaze”.

Si tratta di ragazzi tra 15 e 20 anni, agganciati attraverso giochi per computer e reti criminali presenti su Internet. Secondo l’accusa, l’organizzazione avrebbe agito utilizzando dirette social, canzoni e clip nonché attraverso “operazioni simpatia” finalizzate al reclutamento.

I processi in Turchia entreranno nel vivo la prossima primavera.

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